Terra Selvaggia in Islanda

Quel giorno in Islanda mi lasciò con una lezione semplice ma potente: a volte, basta rallentare per apprezzare ciò che ci circonda.

Ammirando la cascata in Islanda

Ammirando la cascata in Islanda

Ci sono viaggi che sogni da anni e altri che accadono quasi per caso, e l’Islanda per noi era entrambe le cose. Mi chiamo Luca, e con i miei due amici, Matteo e Alessandro, avevamo deciso di passare una settimana lontano da tutto, in un luogo che prometteva avventura e paesaggi mozzafiato. L’Islanda sembrava perfetta: una terra di vulcani, geyser e cascate, ma anche di silenzi e spazi infiniti.

Non era inverno, quindi niente neve, ghiacciai o aurore boreali. Era estate, il momento perfetto per esplorare l’entroterra, con le sue colline verdi, i fiumi cristallini e i sentieri che sembravano condurre verso l’ignoto. Decidemmo di evitare le mete più turistiche, spinti dalla voglia di scoprire qualcosa di più autentico, di meno battuto.

Luca e Matteo in Islanda
Luca e Matteo in Islanda

Dopo aver lasciato la costa e i piccoli villaggi di pescatori, ci ritrovammo immersi nell’entroterra. Il paesaggio era straordinariamente vario: distese di terra scura, residuo di antiche eruzioni vulcaniche, si alternavano a colline ricoperte di muschio e praterie che sembravano senza fine. Ogni tanto, un fiume si insinuava tra le rocce, creando curve delicate e riflessi di un azzurro intenso sotto il cielo limpido. Il silenzio era incredibile. Non c’erano strade trafficate, solo un sentiero sterrato che si perdeva all’orizzonte. Camminavamo in fila, senza parlare troppo, ognuno assorto nei propri pensieri e nel ritmo dei passi. L’aria era fresca, carica del profumo della terra e dell’erba bagnata dalla rugiada del mattino.

Alessandro, il più curioso di noi, si fermò a osservare una piccola crepa nel terreno. "Pensate che qui sotto ci sia lava antica?" chiese. Matteo rise: "Sicuro, magari ora ci esplode sotto i piedi." Erano battute leggere, che spezzavano il silenzio, ma c’era un fondo di rispetto. Eravamo consapevoli di essere in un luogo unico, dove la natura aveva plasmato tutto in modo crudo e selvaggio. Camminammo per ore, con brevi soste per riprendere fiato e bere. Ogni tanto, ci fermavamo per scattare foto o semplicemente per goderci la vista. Non c’era fretta, non c’era un itinerario rigido. Eravamo lì per lasciarci sorprendere.

Matteo nel viaggio verso la cascata

Matteo nel viaggio verso la cascata

Non avevamo un piano preciso, ma a un certo punto, il rumore dell’acqua ci attrasse come un richiamo. Era un suono distinto, profondo, che emergeva dal silenzio circostante. Seguimmo il sentiero fino a quando la vegetazione si aprì, rivelando una cascata spettacolare.

L’acqua scendeva impetuosa da una parete di roccia scura, alta almeno venti metri, formando una nube di spruzzi che riflettevano la luce del sole. Alla base si era creato un piccolo bacino d’acqua trasparente, circondato da muschio verde brillante e rocce levigate. Era un luogo che sembrava esistere fuori dal tempo, un angolo di natura che nessuno di noi si aspettava di trovare. Ci fermammo senza dire una parola. Non c’era bisogno di commentare: il luogo parlava da solo. Matteo fu il primo a sedersi su una roccia vicino al bordo dell’acqua, togliendosi lo zaino e tirando fuori una bottiglia. "Questo è esattamente quello che intendevo quando abbiamo deciso di venire qui," disse con un sorriso.

La cascata principale

La cascata principale

Seguimmo il suo esempio, trovando ognuno un posto dove sedersi e godersi la vista. Alessandro decise di avvicinarsi all’acqua, immergendo una mano nel bacino. "È gelata!" esclamò, ridendo, mentre tirava fuori la mano arrossata dal freddo. Io mi limitai a osservare. Guardavo l’acqua cadere senza sosta, modellando la roccia sotto di sé, e pensai a quanto la natura fosse incredibilmente resiliente e creativa. Era capace di costruire meraviglie come questa con il solo movimento costante, paziente, senza fretta.

"Immaginate com’è qui quando piove," disse Matteo, rompendo il silenzio. "Dev’essere ancora più potente." Annuii, cercando di immaginare il fragore della cascata ingrossata dalla pioggia. Ma in quel momento, ero grato per la calma e per la luce del sole che filtrava attraverso la foschia. Restammo lì per un po’, senza guardare l’orologio, parlando a tratti ma per lo più in silenzio. Non avevamo bisogno di altro: quel luogo aveva qualcosa di profondamente rigenerante, come se ci ricordasse quanto fosse importante fermarsi e semplicemente osservare.

Una cascata secondaria osservata lungo il persorso

Una cascata secondaria osservata lungo il persorso

Dopo un’ora trascorsa a osservare la cascata e a goderci il momento, decidemmo di riprendere il cammino. Il sole era già più alto nel cielo, e la luce calda rendeva il paesaggio ancora più vibrante. Ogni passo lungo il sentiero sembrava più leggero, come se la sosta ci avesse dato una nuova energia.

Mentre camminavamo, il panorama cambiava costantemente. A tratti, il sentiero si stringeva, costringendoci a procedere in fila indiana; in altri punti, si allargava, offrendoci una vista panoramica sulle colline verdi che si perdevano all’orizzonte. Matteo, sempre il più chiacchierone, si voltò verso di me. "Sai, non credevo che una semplice cascata potesse lasciarmi senza parole," disse. "Di solito cerco l’azione, l’adrenalina. Ma questo… era diverso." Alessandro, che camminava accanto a noi, annuì. "Non serve sempre fare qualcosa di straordinario. A volte basta esserci."

Luca mentre si rilassa davanti alla cascata
Luca mentre si rilassa davanti alla cascata

Le parole di Alessandro mi fecero riflettere. Era vero: quel giorno non avevamo scalato montagne, attraversato fiumi a nuoto o affrontato pericoli. Eppure, l’esperienza era stata intensa. Avevamo condiviso momenti di silenzio, ammirato la bellezza di un luogo incontaminato e trovato una connessione più profonda con la natura. Mentre tornavamo verso il punto di partenza, mi accorsi di quanto il viaggio ci avesse cambiati, anche solo per un giorno. L’Islanda, con la sua semplicità selvaggia, ci aveva insegnato che a volte le esperienze più autentiche sono quelle che non cerchi di controllare o pianificare.

Il ritorno in macchina

Il ritorno in macchina

Quando arrivammo alla macchina, ci fermammo per un’ultima occhiata al sentiero che si snodava dietro di noi, come un filo invisibile che ci aveva guidato attraverso un pezzo di mondo che sembrava fatto apposta per essere scoperto. Non servivano parole, solo un sorriso e una sensazione condivisa: la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di speciale.

Luca Michielin

Luca Michielin

Se vi capita di visitare l’Islanda, vi consiglio di perdervi un po’. Abbandonate la frenesia di vedere tutto e lasciate che la natura vi conduca, come ha fatto con noi, a luoghi che non troverete su nessuna guida.

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