Questa è la storia della mia escursione lungo l'Alta Via 1 delle Dolomiti, un percorso tra paesaggi mozzafiato, sfide impreviste e lezioni di vita.
Il lago di Braies, punto di inizio dell'escursione
Non so dire con esattezza quando è nata la mia passione per l’escursionismo. Forse durante quelle passeggiate in montagna con mio padre, quando da bambino cercavo di tenere il passo con le sue lunghe falcate, o forse negli anni dell’adolescenza, quando trovavo rifugio nei silenzi della natura. Qualunque fosse il motivo, sapevo che un giorno avrei affrontato una sfida degna di essere raccontata. Così, in una fredda giornata d’inverno a Milano, ho deciso di intraprendere l’Alta Via 1, uno dei trekking più iconici delle Dolomiti.
Ricordo ancora il momento in cui ho aperto la mappa dell’Alta Via 1 sulla scrivania di casa mia. Le linee sinuose che attraversavano valli e cime sembravano quasi chiamarmi. Dieci giorni di trekking, oltre 120 chilometri, con tappe in rifugi leggendari come il Rifugio Lagazuoi e il Rifugio Nuvolau. Non era una decisione da prendere alla leggera, ma sapevo che dovevo farlo. Ho passato settimane a prepararmi, acquistando scarponi nuovi, testando uno zaino leggero e mettendo alla prova la mia resistenza fisica con lunghe camminate nel Parco del Ticino. Ogni dettaglio contava: una borraccia termica per l’acqua, una giacca impermeabile per affrontare il meteo imprevedibile, e, immancabile, il mio diario di viaggio. Avevo bisogno di annotare ogni emozione, ogni scorcio, ogni momento di quella che sentivo già sarebbe stata un’avventura indimenticabile.
Il viaggio è iniziato al Lago di Braies, uno dei luoghi più iconici delle Dolomiti. Arrivare lì è stato come entrare in una cartolina: l'acqua cristallina rifletteva le montagne circostanti, creando un’immagine talmente perfetta che sembrava irreale. Mi sono fermato un attimo a contemplare il panorama prima di sistemare il mio zaino sulle spalle e iniziare a camminare.
Il primo giorno di trekking mi ha portato al Rifugio Sennes. Il sentiero si snodava tra boschi profumati di pini e prati verdeggianti, mentre il cielo limpido prometteva una giornata perfetta. Ogni passo era un piccolo trionfo, una celebrazione della libertà e della connessione con la natura. Tuttavia, verso sera, ho iniziato a sentire i primi segni di stanchezza. La salita sembrava infinita e il mio zaino, inizialmente leggero, era diventato un peso insopportabile. Quando finalmente ho visto il Rifugio Sennes in lontananza, una piccola costruzione incastonata tra le montagne, ho sentito un’ondata di sollievo. La cena quella sera è stata semplice ma deliziosa: un piatto di polenta e spezzatino, accompagnato da un bicchiere di vino rosso locale. Seduto accanto al fuoco, circondato da altri escursionisti, mi sono sentito parte di qualcosa di più grande, una comunità di persone accomunate dalla passione per la montagna. Era solo il primo giorno, ma già sentivo che questa esperienza avrebbe lasciato un segno indelebile nella mia vita.
La vista delle dolomiti durante l'escursione
Il secondo giorno è iniziato sotto i migliori auspici. Lasciato il Rifugio Sennes alle prime luci dell’alba, il percorso sembrava promettere una camminata più agevole. L'aria fresca del mattino mi riempiva i polmoni mentre mi addentravo tra i sentieri che conducevano verso la Forcella del Lago. Il paesaggio era quasi surreale: una distesa di prati alpini interrotta da rocce imponenti, mentre il sole dipingeva le cime circostanti con sfumature dorate. Tuttavia, il tempo in montagna è imprevedibile. Verso metà mattinata, le nuvole hanno cominciato a radunarsi rapidamente, coprendo il cielo azzurro in pochi minuti. Prima che me ne rendessi conto, una nebbia densa mi aveva avvolto. Era come trovarsi in un sogno ovattato: tutto intorno a me era bianco, e i contorni del sentiero erano ormai indistinguibili.
Ho cercato di mantenere la calma, ma l’ansia iniziava a farsi strada. Perdere il sentiero in montagna è uno degli incubi di ogni escursionista. Mi sono fermato, ho tirato fuori la mia bussola e il GPS, cercando di orientarmi. Ma la visibilità era così scarsa che ogni passo sembrava portarmi più lontano dalla direzione giusta. Dopo circa un’ora di cammino a tentoni, ho deciso di fermarmi e riflettere. La paura cominciava a farsi sentire, ma sapevo che lasciarmi prendere dal panico non mi avrebbe aiutato. Mi sono seduto su una roccia, ho preso un sorso d’acqua e ho cercato di calmarmi.
Le dolomiti percorrendo l'alta via 1
Mentre ero lì, immerso nel silenzio della nebbia, mi è venuto in mente un ricordo di mio padre. Era solito dirmi: "Le montagne non ti mettono mai alla prova per sconfiggerti. Ti mettono alla prova per mostrarti chi sei veramente." Quelle parole mi hanno dato la spinta di cui avevo bisogno. Ho ripreso in mano la mappa e il GPS e ho cercato di identificare qualche punto di riferimento, anche minimo. La nebbia rendeva tutto difficile, ma dopo un po’ ho intravisto quello che sembrava essere un segnale sul sentiero. Ho deciso di seguire quella traccia e, con il cuore che batteva forte, sono riuscito finalmente a ritrovare il sentiero principale.
Quella sera sono arrivato al Rifugio Fanes, stanco ma incredibilmente sollevato. Seduto a tavola con un piatto fumante di canederli, ho ripensato a quella giornata. Avevo imparato qualcosa di fondamentale: non importa quanto le cose sembrino difficili, c'è sempre una soluzione se riesci a mantenere la calma e la determinazione.
Il giorno successivo è stato molto più sereno. Il sole era tornato a splendere, e il percorso verso il Rifugio Lagazuoi era un vero spettacolo: sentieri panoramici, cime frastagliate che sembravano sfiorare il cielo, e il suono rilassante di piccoli ruscelli. È stato proprio lungo questo tratto che ho incontrato Thomas e Lena, una coppia di escursionisti tedeschi. Stavano studiando la mappa vicino a una segnaletica quando mi sono fermato per salutarli. Dopo qualche scambio di battute, abbiamo deciso di proseguire insieme. Thomas aveva un entusiasmo contagioso, mentre Lena era una fonte inesauribile di aneddoti sui sentieri delle Alpi.
Durante il tragitto verso il Rifugio Lagazuoi, abbiamo condiviso storie e risate. Thomas mi ha raccontato di come avesse scoperto la sua passione per l’escursionismo dopo un momento difficile della sua vita, mentre Lena parlava con occhi scintillanti della bellezza delle Dolomiti. Quella giornata, che avevo iniziato in solitudine, si è trasformata in una delle più piacevoli dell’intero viaggio. Quando siamo arrivati al Rifugio Lagazuoi, a quasi 2.800 metri di altezza, il panorama ci ha lasciati senza parole. La vista sulle cime circostanti era mozzafiato, e il tramonto ha dipinto il cielo di colori caldi, trasformando le montagne in uno spettacolo quasi magico. Seduti insieme davanti a una tazza di tè caldo, ho capito che l’escursionismo non è solo una sfida con te stesso: è anche l’occasione di creare connessioni profonde con persone che condividono la tua stessa passione.
La vista delle dolomiti lungo il sentiero
Il settimo giorno di trekking mi ha portato a una delle mete più attese: il Rifugio Nuvolau, uno dei più antichi delle Dolomiti, famoso per la sua posizione panoramica a strapiombo sulle valli sottostanti. Lasciato il Rifugio Lagazuoi, il sentiero attraversava il Passo Giau, un luogo che sembrava uscito da una fiaba. Le montagne intorno a me si stagliavano contro un cielo limpido, e ogni passo era accompagnato dal profumo dell’erba alpina e dal suono del vento tra le rocce. La salita finale verso il Rifugio Nuvolau è stata una vera prova di resistenza. I miei muscoli protestavano a ogni passo, e il sole del pomeriggio batteva forte sulla schiena. Ma quando finalmente ho visto la sagoma del rifugio, un piccolo edificio in pietra arroccato sulla cima, ho sentito una scarica di adrenalina che mi ha spinto a continuare.
Arrivato in cima, sono rimasto senza fiato. E non solo per la fatica. La vista era qualcosa che non si può descrivere a parole: da una parte le Tofane, dall’altra il Civetta e il Pelmo, tutte illuminate da una luce dorata che rendeva ogni dettaglio incredibilmente nitido. Mi sono seduto su una panchina di legno, con il vento fresco che accarezzava il viso, e ho lasciato che quella vista si imprimisse nella mia mente. Quella sera, il tramonto ha dipinto le Dolomiti di un rosa intenso, una magia nota come Enrosadira. Ho cenato con un semplice piatto di zuppa calda e pane fatto in casa, ma in quel momento non avrei cambiato quel pasto con nessun banchetto al mondo. C’era un senso di pace, un sentimento che raramente ho provato nella mia vita: ero lì, nel cuore delle montagne, e tutto sembrava perfetto.
Il ritorno al lago di Braies
Dopo la notte al Rifugio Nuvolau, il viaggio di ritorno verso il Lago di Braies ha avuto un ritmo diverso. Non c’era più la tensione del primo giorno, né l’incertezza del cammino. Al contrario, ogni passo era accompagnato da una calma interiore che mi aveva conquistato durante il viaggio. Ogni scorcio, ogni curva del sentiero era un’occasione per riflettere su ciò che avevo vissuto. La montagna mi aveva insegnato tanto. Ho imparato che la forza non risiede solo nei muscoli, ma nella mente. Ho scoperto il valore della pazienza, dell’adattarsi agli imprevisti e del mantenere la calma anche nei momenti difficili. Ma soprattutto, ho capito quanto sia importante fermarsi e apprezzare il momento presente, senza fretta, senza distrazioni.
Tornato al Lago di Braies, ho concluso il mio viaggio seduto sulla riva, guardando l’acqua cristallina che rifletteva le montagne. Non ero più la stessa persona che era partita dieci giorni prima. La montagna mi aveva messo alla prova, e io avevo trovato in me stesso una forza che non pensavo di avere. Tornando alla vita quotidiana, porto con me qualcosa di prezioso: un bagaglio di ricordi, lezioni e un legame più profondo con la natura. L’escursionismo è molto più che una sfida fisica: è un viaggio dentro se stessi, un’opportunità di scoprire chi siamo davvero.
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