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Intorno al Fuoco

C’è qualcosa di universale nel gesto di accendere un fuoco. È un atto antico, radicato in millenni di storia umana, ma ogni volta che ripeto quel gesto, è come se fosse la prima.

Il confortevole accampamento di Serena

Il confortevole accampamento di Serena

C’è qualcosa nei falò che mi dà sempre un senso di pace. Non è solo il calore o il suono delle fiamme che crepitano: è l’atto stesso di accendere un fuoco, di creare qualcosa che vive per un momento e poi si spegne, lasciando spazio al silenzio. Mi chiamo Serena, e da anni trovo rifugio in questi piccoli momenti, lontano dalla frenesia della vita quotidiana.

La montagna è il mio luogo sicuro. Non importa quanto sia lunga la settimana o quanto tumultuosi siano i pensieri: so che un pomeriggio tra le cime, con un falò acceso davanti, può rimettere tutto al proprio posto. Non è un evento straordinario, ma un rituale che mi ricorda di rallentare e ascoltare.

Serena Arturi alle prese con il suo falò

Serena Arturi alle prese con il suo falò

Era una giornata limpida e luminosa, perfetta per una passeggiata. Lasciai la macchina vicino al punto di partenza del sentiero e iniziai a camminare. Il vento era leggero, e l’odore della terra bagnata si mescolava a quello fresco degli alberi. Il sentiero, stretto e ben battuto, si snodava tra pini e prati verdi, offrendo qua e là scorci di montagne in lontananza.

Camminavo senza fretta, apprezzando ogni dettaglio del paesaggio. Le foglie si muovevano appena sotto la brezza, e i raggi del sole creavano giochi di luce tra i rami. Ogni tanto mi fermavo per raccogliere dei piccoli rami secchi, che avrei usato più tardi per accendere il fuoco. Era un gesto quasi automatico, ma mi piaceva: faceva parte del mio personale rituale. Dopo circa mezz’ora di cammino, raggiunsi la mia radura preferita. Era un angolo tranquillo, nascosto tra gli alberi, con un cerchio di rocce al centro dove accendevo sempre il fuoco. Mi sedetti su un tronco caduto per qualche minuto, respirando l’aria fresca e osservando i colori vividi del paesaggio intorno a me.

Serena davanti al fuoco
Serena davanti al fuoco

Mi alzai dal tronco e iniziai a preparare il falò. Sistemai i rami secchi che avevo raccolto durante il cammino, creando una piccola piramide al centro del cerchio di rocce. Era un gesto semplice, quasi istintivo, che avevo ripetuto molte volte. Trovai un angolo tranquillo dove i rami si sarebbero accesi facilmente, protetti dal vento leggero.

Con un fiammifero acceso, appoggiai una fiamma ai rametti più sottili. Bastarono pochi istanti perché il fuoco iniziasse a prendere vita, diffondendo un calore tenue e un crepitio delicato. Mi sedetti di nuovo sul tronco, osservando il modo in cui le fiamme crescevano, mutando forma e colore. Il gesto di accendere un falò è una cosa semplice, ma mi ha sempre dato una sensazione di radicamento. C’è qualcosa di ancestrale in questo rituale, un legame con chi siamo stati e con chi siamo ancora, sotto tutto il rumore del mondo moderno.

Il fuoco di Serana capace di infondere pace e tranquillità

Il fuoco di Serana capace di infondere pace e tranquillità

Il fuoco aveva un ritmo ipnotico. Le fiamme si alzavano e si abbassavano, danzando nel vento come se seguissero una melodia invisibile. Mentre lo osservavo, i pensieri iniziarono a fluire. Pensai ai momenti della mia infanzia in cui i falò erano un evento speciale, quando la mia famiglia andava in montagna per trascorrere del tempo insieme.

Ricordavo il calore del fuoco sulla pelle, le storie raccontate sottovoce, e la sensazione di sicurezza che quei momenti mi davano. Anche adesso, anni dopo, quel calore non era solo fisico. Era un conforto emotivo, come se il fuoco sapesse esattamente di cosa avessi bisogno. Riflettevo su quanto fosse raro, nella vita quotidiana, fermarsi davvero. Non per controllare un telefono, non per distrarsi, ma per ascoltare il silenzio. Il crepitio del fuoco era tutto ciò che serviva in quel momento. Non c’era niente da risolvere, nessuna urgenza: solo io e il ritmo delle fiamme.

Serena mentre si gode il suo fuoco

Serena mentre si gode il suo fuoco

Le fiamme continuavano a danzare, consumando lentamente la legna. Osservai le braci che iniziavano a formarsi, piccole scintille arancioni che pulsavano dolcemente prima di spegnersi. Ogni fase del falò sembrava raccontare una storia: dall’accensione iniziale, vigorosa e piena di energia, al lento declino, quando il calore diventava più tenue ma altrettanto presente.

Pensai a quanto il fuoco fosse simile alla vita. Tutto segue un ciclo: un inizio, una crescita, un momento di massimo splendore, e poi una trasformazione che non è mai davvero una fine. Il calore che rimaneva nelle braci era altrettanto importante delle fiamme stesse. Mentre il tempo passava, mi resi conto di quanto fossero preziosi quei momenti. Non si trattava solo di un falò, ma di un rituale che mi riportava al presente, alla semplicità di ciò che è davvero essenziale. Quel pomeriggio in montagna mi aveva regalato qualcosa di raro: uno spazio per pensare, per sentire, per essere.

Quando le fiamme si abbassarono e rimasero solo le braci, sapevo che era il momento di ripartire. Mi alzai e sistemai il fuoco con cura, assicurandomi che ogni scintilla fosse spenta. Prima di lasciare la radura, mi voltai per un’ultima occhiata: il cerchio di rocce, il tronco su cui ero seduta, e il paesaggio intorno sembravano parte di un quadro perfetto. Ripresi il sentiero con un passo leggero, sentendomi diversa, anche se non saprei dire esattamente in che modo. Quei momenti intorno al fuoco avevano una forza invisibile, capace di riportare equilibrio e serenità. Mi ricordarono che non serve molto per ritrovare sé stessi: un po’ di legna, una fiamma e il tempo per fermarsi.

Serena Maria Arturi

Serena Maria Arturi

Il fuoco è il mezzo, la montagna il contesto, ma il vero viaggio è quello dentro di noi. E in quei momenti di silenzio, davanti al calore delle braci, si scopre una verità semplice: siamo già abbastanza, e ciò che cerchiamo è spesso più vicino di quanto immaginiamo.

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